GUIDA PER UN GUARDAROBA SOSTENIBILE

Per rivoluzionare il proprio guardaroba e approccio alla moda le parole d’ordine sono
ridurre, riparare, riciclare, reinventare e riutilizzare!

 

ACQUISTIAMO MENO, ACQUISTIAMO MEGLIO

Optare per la qualità al posto della quantità significa scegliere di indossare una moda più consapevole. Acquistare la metà di articoli all’anno, ma più sostenibili, ridurrà drasticamente la nostra impronta ecologica. Inoltre, allungare di un anno la vita di un capo riduce le proprie emissioni del 24% (fashionforgood.com).

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SCEGLIAMO TESSUTI BIOLOGICI

La biodiversità si preserva in quanto NON vengono usate sostanze chimiche (concimi artificiali, insetticidi, erbicidi e fungicidi) nella fase di coltura e nella fase di lavorazione del filato.

La struttura polimerica delle fibre sintetiche, invece, subisce comunque l’effetto degli agenti esterni ed inizia ad usurarsi e ad indebolirsi, diventando così una delle principali cause di micro-plastiche durante il lavaggio.


LAVIAMO CON ATTENZIONE

Scegliamo lavaggi a freddo con ciclo veloce e, se facciamo partire la lavatrice solo quando è piena, riusciamo a salvare 19.000 litri di acqua ogni anno!

Se ci prendiamo cura del nostro guardaroba in modo corretto, non dovremo sostituire i nostri capi così spesso!


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CIRCOLARITÀ

Riduciamo l’impatto della produzione di nuovi capi d’abbigliamento (riduzione delle emissioni e del consumo di acqua) dando una seconda vita a capi usati – di seconda mano o vintage.

A Trieste ci sono vari mercatini e negozi dell’usato ed eventi di scambio di vestiti (Swap). Oltre ad essere pezzi unici, la maggior parte dei capi vintage sono stati prodotti con una minor presenza di fibre sintetiche.

 

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OCCHIO ALL’ETICHETTA

Leggiamo sempre l’etichetta dei nostri vestiti – ancora prima di acquistarli – perché ogni materiale ha un diverso impatto sull’ambiente (ad esempio: il cotone biologico è meglio del poliestere sia nella produzione che nel lavaggio), inoltre scopriamo dove e da chi sono stati prodotti i vestiti seguendo la campagna #whomademyclothes.

I capi confezionati al 100% da una sola fibra tessile sono più facili da riciclare.

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RIPARIAMO I NOSTRI CAPI

Questo semplice atto stimola la creatività e ci permette di recuperare vecchi vestiti e rinnovarli. Il termine inglese “upcycling” è molto usato e fa riferimento a questo riutilizzo creativo di oggetti (in questo caso abiti) già esistenti ed utilizzati.

Proviamo a reinventare il nostro guardaroba, creando uno stile personale lontano dalle mode del momento. Pront* con ago, filo e forbici?

 

 

Trieste Senza Sprechi si impegna ad affrontare la fast fashion e, in collaborazione con il Progetto Area Giovani – PAG, sono stati svolti dei mercatini dello scambio anche chiamati eventi swap! 

Con i partecipanti degli swap si leggono le etichette di composizione del tessuto per capire quali sono le fibre maggiormente utilizzate al giorno d’oggi (fibre sintetiche) e dov’è localizzata la maggior parte della produzione (asia-oriente). In base alla tipologia di capo e al valore del materiale vengono assegnati dei gettoni ai partecipanti e con questi si inizia lo scambio!

 

FAST FASHION: COS’È, PERCHÉ È IMPORTANTE EVITARLA E COME COMBATTERLA

La fast fashion è una tipologia di produzione di moda nel quale le tempistiche hanno ritmi velocissimi. Piccole collezioni di nuovi capi, a prezzo contenuto, vengono prodotte ogni settimana in modo tale da mantenere sempre alta l’attenzione del consumatore nei confronti della marca.

In tempi velocissimi vengono progettate e confezionate queste collezioni senza porre un’appropriata attenzione alle conseguenze che possono esserci a livello ambientale e di diritti umani. Le case di moda ripongono questi importanti valori in secondo piano, mentre gli attivisti ambientali e quelli che promuovono la moda consapevole promuovono ogni anno iniziative per promuovere un guardaroba a basso impatto ambientale e di risorse umane; un esempio è la Fashion Revolution Week promossa da Fashion Revolution ogni anno nella settimana del 24 aprile.

Perché proprio il 24 aprile?

In questa giornata nel 2013 il Rana Plaza, un edificio commerciale di 8 piani in Bangladesh, ha avuto un cedimento strutturale causando 1129 vittime. Questo tragico evento ha portato alla luce le scarse condizioni di lavoro nelle fabbriche tessili di molti paesi.

Le conseguenze della moda veloce (o fast fashion) sono dunque molte: condizioni dei lavoratori (campagna #whomademyclothes, consumo spropositato di acqua, uso di pesticidi per le colture di materiali naturali e uso di sostanze chimiche per la produzione di materiali sintetici, emissioni di carbonio prodotte dalla produzione e dal trasporto… tutto questo per un utilizzo medio di un anno per capo!

 

Se volete scoprire l’impronta di carbonio del vostro guardaroba, potete calcolarla qui (al momento il sito è solo in inglese).

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Oltre alla Fashion Revolution Week c’è anche la Slow Fashion Season che si terrà dal 21 giugno al 21 settembre. Questo evento è mirato ad aumentare la consapevolezza a riguardo dell’industria della moda ed al ruolo centrale del consumatore. Per tre mesi ci si impegna a fare acquisti e scelte di moda consapevoli e si potrà scoprire l’impatto di tale azione. Nel concreto le principali azioni possono essere:

  • evitare di acquistare da marchi fast fashion
  • scambiare vestiti
  • auto-produrre i propri capi
  • aggiustare capi vecchi rovinati
  • acquistare vestiti di seconda mano o vintage
  • supportare marche di moda locali e sostenibili

Le seguenti immagini riportano solo alcuni dati per riflettere sull’entità del problema:

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Come possiamo affrontare e combattere questa
aggressiva tipologia di produzione tessile?

È davvero importante diventare consapevoli dei capi che indossiamo e di quelli che abbiamo nel nostro armadio; fondamentale è imparare a leggere l’etichetta e dare peso alla tipologia e percentuale di fibre utilizzate ed al luogo in cui vengono prodotti i nostri vestiti.

Ricordiamo che è importante prendere in considerazione tutti i componenti dei nostri capi e non solo il tessuto e il filato, che sono i materiali più evidenti. Ci sono anche i bottoni, le zip, gli elastici, la fodera, le telette per rinforzare il tessuto, i nastri, gli sbiechi e le varie fibbie in metallo; per la produzione di ogni singolo componente c’è un consumo di materie prime e un conseguente inquinamento ambientale.

Nel prossimo articolo pubblichiamo una piccola guida per essere sempre alla moda, senza avere un impatto negativo sull’ambiente… Non perdetevela!

NUOVO REPORT DELL’IPCC PER I GOVERNI: AGITE E FATELO ORA!

Ginevra, 8 Agosto 2019 – Nella mattinata di oggi il Pannello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), l’organismo delle Nazioni Unite di ricerca sui cambiamenti climatici e sui potenziali rischi per il nostro pianeta, ha ufficialmente presentato il sommario per i decisori politici del Rapporto Speciale su clima e suoli.

Il messaggio è chiaro: dobbiamo agire ora. Il modo in cui stiamo utilizzando la terra per la produzione alimentare sta contribuendo al riscaldamento globale, influenzando il cambiamento climatico e minacciando la capacità della Terra di sostenere la natura e una popolazione umana in crescita.

Visto che gli attuali impegni di riduzione delle emissioni assunti dai paesi nel contesto dell’Accordo di Parigi del 2015 non sono al momento in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1.5 C°, questo sommario per i decisori politici sottolinea che la protezione ed il ripristino dei suoli è un passo fondamentale per affrontare la crisi climatica globale e salvaguardare le risorse essenziali da cui noi tutti dipendiamo.

I capi di governo devono dunque attivarsi per una trasformazione tempestiva dell’attuale uso del territorio, includendo la protezione e il ripristino degli ecosistemi naturali e il passaggio a una produzione e un consumo alimentari sostenibili. Inoltre, è necessario combinare la gestione sostenibile del territorio con la rapida e profonda diminuzione delle emissioni di combustibili fossili (tagli alle industrie petrolifere), a favore dell’investimento in energie rinnovali e strategie di sequestro del carbonio.

Gli effetti della crisi climatica saranno tangibili sulla nostra pelle a breve, a meno che adeguate politiche ambientali ed economiche da parte dei governi locali e nazionali non vengano messe in pratica tempestivamente. Dobbiamo agire ora per salvaguardare il nostro futuro.

Per saperne di più:

🇮🇹 https://ipccitalia.cmcc.it/ipcc-special-report-global-warming-of-1-5-c/
🇬🇧 https://www.ipcc.ch/2019/
📺https://www.facebook.com/pg/GenevaEnvironmentNetwork/posts/?ref=page_internal

OVERSHOOT DAY 2019

Oggi, 29 luglio 2019, è l’overshoot day della Terra ed è il giorno in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse disponibili per l’intero anno. Si tratta di un record assoluto.

A dirlo è il Global Footprint Network, un’organizzazione di ricerca internazionale che si occupa di calcolare l’impronta ecologica dell’uomo quantificando lo sfruttamento delle risorse naturali in base alla loro capacità di rigenerazione.

In breve, questo 29 luglio è il giorno in cui iniziamo ad usare le risorse del 2020, in quanto il consumo da parte della popolazione globale eccede ciò che l’insieme degli ecosistemi della Terra è in grado di rigenerare per il 2019.

È come se da domani l’umanità stesse utilizzando l’equivalente di 1.75 pianeti Terra (al posto di 1 o meno di 1) per soddisfare l’ eccessivo fabbisogno di cibo, acqua, aria, materie prime… sottraendole alle generazioni future!

Ma possiamo ancora invertire questo trend: se ogni anno ritardassimo l’overshoot day della Terra di “solo” 5 giorni, potremmo ridurre il fabbisogno globale a meno di 1 pianeta  (contro 1.75 pianeti di cui abbiamo bisogno ora) entro il 2050.

Come?

Iniziamo con piccoli passi nel nostro quotidiano per diminuire il consumo di tutto ciò che non ci serve e rendendo i nostri stili di vita più consapevoli.

Meno consumi e meno sprechi.

Noi di Trieste Senza Sprechi siamo mossi dalla convinzione che ogni singola azione da parte di tutti gli abitanti della Terra possa fare la differenza! E tu che ne pensi?

IN BUONE ACQUE: LA CONFERMA CHE A TRIESTE POSSIAMO BERE L’ACQUA DEL RUBINETTO

In buone acque 2018 è il report sulla qualità delle acque potabili nel territorio di Trieste.

Dal 2008, ogni anno il  gruppo Hera si occupa delle analisi dei numerosi parametri fisico-chimici e microbiologici che definiscono la qualità dell’acqua potabile garantendo il rispetto dei limiti di legge.

Il report è disponibile qui e offre una panoramica chiara ed esaustiva sulle analisi condotte nel corso del 2017.

Quindi, possiamo davvero fidarci dell’acqua di rubinetto?

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I risultati delle analisi confermano che a Trieste, bere l’acqua di rubinetto in casa o al ristorante non è una scelta azzardata per la nostra salute! Scegliere di evitare l’acqua in bottiglia può avere un impatto positivo non solo sulle nostre finanze, ma anche sull’ambiente, senza alcun rischio per la nostra salute.

Ecco qui i 5 buoni motivi per passare all’acqua di rubinetto:

Un’acqua buona: l’acqua di rubinetto a Trieste è classificabile come oligominerale (adatta all’uso quotidiano e con una una buona azione diuretica) a basso tenore di sodio, di bassa durezza (contenuto di Sali di Calcio e Magnesio) e microbiologicamente pura. Nel report 2018 sono stati pubblicati i risultati di oltre 2.800 analisi al giorno ed il 99,9%  sono ampiamente entro i limiti di legge e confrontabili con le acque minerali. I risultati sono disponibili nel report, assieme ad una chiara spiegazione sui limiti di legge per le concentrazioni dei minerali.

Inoltre, dovremmo sfatare il mito dei calcoli renali, in quanto la più recente letteratura medico-scientifica prova che a queste concentrazioni, i Sali di Calcio non costituisco un rischio per la salute. Al contrario, l’acqua di rubinetto può rivelarsi una fonte utile di Calcio, in quanto la forma solubile è facilmente assorbibile dall’organismo (dottoressa Emilia Guberti, Direttrice del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione dell’Azienda USL di Bologna.)

KM 0: l’acqua di rubinetto è disponibile direttamente a casa, senza dover usare e trasportare bottiglie e contenitori.

Una scelta ecologica: in Italia ogni anno vengono utilizzate tra i 7,2 e gli 8,4 miliardi di bottiglie di plastica di cui solo il 38% viene riciclato. Con 182 litri pro-capite l’Italia è il terzo paese al mondo per consumo d’acqua nel 2017 (dopo Messico e Thailandia), confermando la non-sostenibilità dell’attuale modello di consumo della risorsa idrica del nostro Paese.

Inoltre, le bottiglie di plastica sono uno dei prodotti in plastica monouso rinvenuti più frequentemente sulle spiagge italiane, come emerge dall’indagine Beach Litter condotta da Legambiente dal 2014 al 2017.

Si stima che se bevessimo l’acqua dal rubinetto almeno 460 milioni di bottiglie in plastica potrebbero essere evitate e molte emissioni di gas serra ridotte!

Un’opzione economica: ricordiamoci che il prezzo dell’acqua in bottiglia copre anche i costi di imbottigliamento e distribuzione. Il report stima che 1000 litri d’acqua minerale in bottiglia costano in media 270 euro, mentre la stessa quantità di acqua di rubinetto costa mediamente 2,2 euro.
Siamo proprio sicuri di pagare il prezzo giusto per l’acqua in bottiglia?

Se proprio non vi fidate delle vecchie tubature del condominio, vi ricordiamo che AcegasApsAmga ha installato 3 distributori di acqua potabile da cui si possono prelevare acqua frizzante, liscia o refrigerata e, attraverso un monitor, vedere i parametri chimico-fisici dell’acqua erogata. Trovate la posizione dei distributori qui.

Non ci sono davvero motivi per continuare a comprare acqua in bottiglie di plastica.
Beviamo l’acqua dei nostri rubinetti o usiamo i distributori: facciamolo per l’ambiente e per il nostro portafogli!

FAI-DA-TE: DEODORANTE, DENTIFRICIO E SAPONE

A Trieste e dintorni è semplice acquistare detersivi e detergenti alla spina (clicca qui per vedere dove), evitando così gli imballaggi, mentre alcuni prodotti come il dentifricio ed il deodorante sono impossibili da trovare sfusi o per lo meno non imballati nella plastica… ma non temete: potete realizzare quasi ogni prodotto per la cura della casa e della persona con le vostre mani, in modo semplice, col vantaggio di sapere esattamente cosa ci mettete dentro e, in molti casi, risparmiando!

Vogliamo condividere con voi alcune ricette per produrre dentifricio, deodorante e sapone, in quanto crediamo che l’auto-produzione sia l’opzione migliore per la nostra salute, per l’ambiente e per il portafogli.

Queste ricette sono davvero semplici! Richiedono poco tempo e tutti gli ingredienti sono facilmente reperibili… perché non provarle?

DEODORANTE

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Per questo deodorante bastano 4 ingredienti e pochi minuti. Il risultato sarà una crema deodorante al profumo di… quello che preferite voi!

Ingredienti:

  • 2 cucchiai di olio di cocco
  • 2 cucchiai di bicarbonato di sodio
  • 1 cucchiaio di sale
  • Qualche goccia di olio essenziale (i nostri preferiti sono quello alla lavanda e quello alla menta)

Procedimento:

Sciogliere l’olio di cocco in un vasetto, aggiungere tutti gli ingredienti e mescolare. Una volta che la crema sarà diventata più solida, mescolare di nuovo assicurandosi che il bicarbonato ed il sale non restino sul fondo del vasetto, essendo gli ingredienti più pesanti.

DENTIFRICIO AL CACAO

20180615_162715.jpgUn dentifricio fatto in casa, buono e pure approvato dal dentista?! Avete letto bene!

Ecco alcuni motivi per provare a fare questo semplice dentifricio:

– La teobromina, una molecola naturale contenuta nel cacao, aiuta a remineralizzare i denti, oltre a darci un delizioso gusto di cacao!
– Il bicarbonato di sodio aumenta il pH del dentifricio ed aiuta a neutralizzare gli acidi nella bocca, prevenendo le carie.
– L’olio essenziale alla menta aiuta a combattere l’alito cattivo.⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀

Ingredienti:

  • 2 cucchiai di olio di cocco
  • 1 cucchiaio di cacao in polvere non zuccherato
  • 1 cucchiaio di bicarbonato di sodio
  • Alcune gocce di olio essenziale alla menta (se vi piace)
  • Se volete un gusto più dolce potete aggiungere della stevia in polvere o in gocce.

Procedimento:

Sciogliere l’olio di cocco, aggiungere tutti gli ingredienti in un vasetto di vetro e mescolare bene. Una volta che la crema sarà diventata più solida, mescolare di nuovo assicurandosi che il bicarbonato non resti sul fondo del vasetto, essendo l’ingrediente più pesante.

SAPONE ALL’OLIO DI OLIVA AL PROFUMO DI LAVANDA

Questa ricetta è alla portata di chiunque abbia voglia di provare a fare il sapone in casa… e il risultato sarà davvero soddisfacente: una saponetta elegante, profumata e decorata con dei fiori di lavanda! Assicuratevi di leggere bene le precauzioni prima di iniziare.

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Ingredienti:

  • 20 g olio essenziale di lavanda
  • 900 g olio evo
  • 115 g soda caustica
  • 300 ml infuso
  • fiori essiccati di lavanda qb

Precauzioni:

– Quando si lavora con la soda caustica è importante utilizzare protezioni adeguate: maniche lunghe, guanti e occhiali protettivi sono essenziali ed è consigliato anche l’uso di una mascherina per naso e bocca.
– Gli utensili che entrano in contatto con la soda caustica devono essere utilizzati solamente per la saponificazione, in quanto anche se lavati con cura rimane il rischio di intossicazione.
– Quando si mischiano soda caustica e acqua è fondamentale versare la soda caustica (lentamente) nell’acqua e mai viceversa, in quanto causerebbe una reazione a vulcano. È inoltre importante farlo in un ambiente areato per evitare di inalare i fumi che si creeranno.
– Per mescolare la soda caustica e l’infuso/l’acqua, e poi per fare il sapone, non si può utilizzare l’alluminio in quanto reagisce con la soda caustica. Bisognerebbe utilizzare acciaio, metallo laminato, plastica industriale o vetro pyrex. Sarebbe meglio evitare anche il legno in quanto è un materiale assorbente.

Procedimento:

– Preparare un infuso ai fiori di lavanda versando dell’acqua bollente su una manciata di fiori essiccati in un contenitore termoresistente. Lasciar raffreddare l’infuso che sarà pronto solo una volta giunto a temperatura ambiente.
– Pesare la soda caustica con una bilancia di precisione e versarla lentamente nell’infuso (a temperatura ambiente) preparato precedentemente. Fare attenzione perché questi due ingredienti fanno reazione raggiungendo temperature molto elevate quindi utilizzare guanti e mascherina durante questo procedimento!
– Attendere che la temperatura della soluzione di soda caustica scenda fino a circa 50° (se utilizzate un termometro da cucina, assicuratevi di non utilizzarlo più per cucinare. In alternativa potete utilizzare un termometro ad infrarossi).
– A questo punto, pesare l’olio e scaldarlo a fuoco basso in una pentola fino a raggiungere circa i 50°.
– Una volta che sono entrambi alla stessa temperatura, versare la soluzione di infuso e soda nella pentola che contiene l’olio, mescolando (volendo aiutandosi con un frullatore a immersione, usandolo in modo “pulsato”) finché si raggiunge il cosidetto “nastro”: un composto denso ottenuto grazie alla saponificazione.
– A questo punto è possibile aggiungere l’olio essenziale di lavanda e amalgamarlo continuando a mescolare.
– Versare la miscela nello stampo e coprire bene il contenuto. Dopo due ore, aggiungere sul lato scoperto i fiori essiccati di lavanda.
– Trascorse 24 ore, controllare se il sapone è sufficientemente solido da poter essere tagliato. Se è ancora troppo morbido, attendere altre 24 o 48 ore.
– Una volta tagliato, lasciarlo riposare un mese (come minimo) in modo che si  completi la saponificazione e l’evaporazione dell’acqua. I saponi al 100% olio d’oliva sono tendenzialmente più morbidi e richiedono un periodo di riposo più lungo, perciò anche se saranno sicuri da usare già dopo 1 mese, è consigliato lasciarli riposare più a lungo, idealmente 6-12 mesi. I saponi col tempo migliorano: diventano più duri, e quindi più duraturi, e più delicati!

Grazie a Bianca di Zero Waste Path per i preziosi consigli!

IL RIFIUTOLOGO: LA DIFFERENZIATA SI FA CON UN’APP

Leggere e comprendere le etichette degli imballaggi è una sfida che potrebbe intimidire anche i consumatori più consapevoli.

PE, PET, PVC, PS, PP, CA, AL… Riconoscere le sigle e separare correttamente i materiali che compongono gli oggetti da buttare può sembrare un compito davvero difficile, ma ora riciclare è diventato più semplice grazie alla creazione del Rifiutologo, un’utilissima app che guida i cittadini verso una raccolta differenziata impeccabile!

Prima di vedere in dettaglio come funziona l’app, vogliamo ricordare che il riciclaggio dovrebbe esser visto come l’ultima spiaggia in quanto è un processo che richiede un’elevata quantità di energia. Prima di riciclare possiamo ad esempio rifiutare, cioè decidere di non comprare più alcuni prodotti non compatibili con uno stile di vita più ecologico, e ridurre, cioè acquistare sempre meno prodotti con un ciclo di vita breve (imballaggi, usa e getta, oggetti di bassa qualità).

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Il Rifiutologo è un’applicazione gratuita, disponibile per tutti i sistemi operativi, che offre informazioni dettagliate sul sistema di differenziazione dei rifiuti.

DOVE LO BUTTO?
La funzione Cerca un rifiuto ci permette di scoprire dove gettare un rifiuto, dai cotton fioc, ai tessuti, agli elettrodomestici!

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Ci sono quattro metodi di ricerca:

  1. Inserire il nome dell’oggetto nella funzione “cerca”
  2. Selezionare la categoria a cui appartiene l’oggetto stesso
  3. Inserire la sigla del materiale indicata sulla confezione
  4. Scattare una fotografia del codice a barre

RIFIUTI ABBANDONATI
L’applicazione ha una sezione dedicata alle segnalazioni di rifiuti abbandonati: basta inviare di una fotografia dal proprio cellulare e la segnalazione verrà mandata direttamente ai Servizi Ambientali AcegasApsAmg.

CENTRI DI RACCOLTA
Sono inoltre segnati su una mappa tutti i centri di raccolta dove il cittadino può conferire gratuitamente quei rifiuti urbani che per tipologia, dimensioni o peso non possono essere raccolti con il servizio ordinario.
Ogni stazione ecologica è segnalata con gli orari di apertura e la descrizione dei materiali ed oggetti che si possono consegnare.

PORTA A PORTA
Infine, per tutti i comuni in cui è in vigore la raccolta porta a porta, l’app segnala gli orari ed altre informazioni utili.

Tutorial su come usare l’app

Sito ufficiale del Rifiutologo

 

Prodotti alimentari senza imballaggio: meno plastica nel carrello!

Evitare prodotti confezionati al supermercato può essere una sfida, ma fare una spesa plastic-free (senza plastica) è possibile!

In questo articolo troverete alcuni semplici passi che vi aiuteranno ad eliminare quasi tutta la plastica e gli imballaggi che vi portate a casa dopo aver fatto la spesa.

  1. Comprare prodotti sfusi

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Basta un po’ di organizzazione pre-spesa ed un’occhiata alla mappa del nostro sito per trovare il negozio perfetto più vicino a casa vostra.

Qui trovate la mappa interattiva di Trieste e, nella categoria alimentari, la lista dei negozi che vendono prodotti senza imballaggi!

Ci sono negozi che vendono legumi, cereali, tè, caffè, latte, zucchero, spezie, caramelle, cioccolato e frutta secca, tutto sfuso; potete andare lì con il vostro contenitore o i vostri sacchetti e tornerete a casa senza nessun imballaggio da buttare!

Per quanto riguarda prodotti freschi come carne, pesce, formaggi, salumi, frutta e verdura, l’ideale sarebbe comprarli con i propri contenitori o sacchetti.

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Avete già provato a chiedere al vostro macellaio di fiducia se potete usare il vostro Tupperware? Noi si!

 

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  1. Anche l’acqua si può acquistare senza plastica!

Ci sono molteplici distributori di acqua in giro per la città dove potete acquistare acqua microfiltrata, sia naturale che frizzante, e usare le vostre bottiglie (o qualsiasi contenitore a voi comodo).

Nella sezione distributori dell’acqua nel nostro sito e sulla mappa potete vedere dove si trovano.

P.S. l’acqua del rubinetto a Trieste è oligominerale, microbiologicamente pura e a media-bassa durezza!

 

  1. Sacchetti riutilizzabili sempre con sé

Per acquistare prodotti senza imballaggi, portate sempre con voi delle borse riutilizzabili.
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Potete usare sacchetti in stoffa come quelli nella foto, o riusare all’infinito i sacchetti di plastica che avete in giro per casa!

Se non avete dei sacchetti riutilizzabili in stoffa, potete acquistarli (a Trieste per ora li abbiamo visti da Oasi Naturale in via Boccaccio) o farli voi stessi a casa seguendo questo semplice tutorial su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=YZeNR50v8ok

E per non dover mai più comprare la borse di plastica per portare a casa tutta la spesa, portate con voi una o più borse grandi riutilizzabili!

 

  1. Conserviamo i prodotti senza la plastica

Gli imballaggi servono per mantenere la freschezza dell’alimento più a lungo in quanto evitano che il prodotto confezionato entri in contatto con microorganismi esterni.

Frutta e verdura freschi possono essere riposti nei sacchetti di stoffa nel cassetto degli ortaggi del frigorifero mentre, quando compriamo prodotti sfusi come legumi e cereali secchi, possiamo riporli in vasi di vetro che, oltre ad essere funzionali, danno anche un tocco di stile alla vostra cucina.

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I vasi (come quelli della marmellata, della Nutella o della maionese) possono anche essere usati per tenere gli avanzi in frigo al posto di contenitori in plastica e potete portarli con voi al lavoro o a scuola il giorno dopo per la pausa pranzo.

 

5. Occhio all’etichetta!

Nel caso in cui non sia possibile evitare l’imballaggio, ci sono alcuni simboli che potrebbero tornarvi utili nella scelta del prodotto migliore:

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a. Non disperdere nell’ambiente: la confezione deve essere gettata nell’indifferenziata.

b. Il punto verde: imballaggio di materiale conforme alle regole della raccolta differenziata, tuttavia non specifica nulla riguardo alla riciclabilità del prodotto.

c. PSV-plastica riciclata: indica che una percentuale del materiale dell’imballaggio è riciclato.

d. e. f. CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), COMIECO (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica), CiaAl (Consorzio Imballaggi Alluminio): rappresentano Consorzi nazionali, nati sulla base del Decreto Ronchi del 1997 sulla gestione dei rifiuti che ha segnato il passaggio da un sistema di gestione basato sulla discarica ad un sistema integrato, che si basa sulla prevenzione, sul recupero e sul riciclo dei sei materiali da imballaggio: acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro.

g. h. i. DIN CERTCO, AIB-VINCOTTE, OK Compost: certificano la compostabilità del prodotto.

l. OK biodegradabile: indica l’ambiente ideale per il processo di compostaggio del materiale che compone il nostro imballaggio (suolo o sistema acquatico).

m. FSC: indica che la presenza di legno o derivati, come la carta, provengono da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali di sostenibilità.

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Come avete potuto vedere, tornare a casa con una spesa senza plastica ed imballaggi non è così difficile… quello che serve per ridurre il consumo di prodotti confezionati è semplicemente un po’ di informazione, buona volontà e curiosità!

 

PRODOTTI A KM 0

Andare in supermercato e trovare tutto in un unico posto è sicuramente comodo e pratico, ma quanto ne sappiamo del lungo processo che si trova tra la produzione e la vendita sugli scaffali?

Questo processo si chiama filiera agro-alimentare e può essere corta o lunga, di stagione o fuori stagione.

Una buona parte dei prodotti che solitamente troviamo sugli scaffali dei supermercati hanno origini relativamente distanti dal punto vendita. Questo vuol dire che i prodotti in questione subiscono numerosi passaggi dopo la raccolta: vengono lavati, lavorati, confezionati o surgelati, passano attraverso numerosi intermediari e vengono trasportati per chilometri e chilometri e chilometri… per fare un esempio, pensiamo a quanta strada fa un avocado coltivato in Sud America!

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Il viaggio dell’avocado dal Chile (produzione) alla Danimarca (consumo) attraverso l’Olanda (distributore). Tempo medio trascorso dalla raccolta alla vendita: 2 mesi

Con la vasta offerta di prodotti nei supermercati, si tende anche a consumare prodotti fuori stagione, con non poche conseguenze negative!

Ci sono degli elevati costi ambientali dovuti alla grande richiesta di energia (acqua, temperatura, luce nelle serre): per conservare a lungo questi prodotti e per trasportarli è infatti necessario usare molta energia e risorse limitate.
Questi passaggi vanno a influire sul prezzo finale del prodotto e anche il gusto ne soffre.

Optare per prodotti a km 0, locali e stagionali, offre vari vantaggi.

Pensiamo a quanto più gustosa sia l’uva del giardino della nonna o il matavilz e le uova del vicino… Insomma, i prodotti a km 0, raccolti “a due passi” da casa nostra, sono sani, gustosi e rispettano la stagionalità.

Acquistare prodotti fuori stagione e importati, nella maggior parte dei casi, potrebbe voler dire aggiungere nel nostro piatto anche una serie di elementi artificiali (o semi-naturali) come pesticidi, cere ed ormoni.

I prodotti biologici (ovvero coltivati senza pesticidi o con pesticidi di origine naturale) a km 0 sono genuini e, in caso di vendita diretta, il guadagno è interamente del produttore… comprare a km 0 vuol quindi dire anche supportare i nostri concittadini!

Quanto bello è acquistare direttamente dal produttore e sapere che stiamo supportando le realtà della nostra città, mangiando cibi sani e gustosi?

Zero chilometri, zero rifiuti, zero sprechi.

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Stiamo creando una sezione di prodotti a km 0 nel nostro sito e abbiamo bisogno del vostro aiuto!

Se conoscete produttori o venditori di prodotti locali e coltivati senza l’uso di pesticidi scriveteci a triestesenzasprechi@gmail.com

 

Detersivi e Detergenti alla Spina

Avete mai pensato alla quantità di flaconi di plastica che gettiamo ogni giorno nella spazzatura?

Immaginiamo anche la quantità di petrolio che viene usato per creare la plastica e la quantità di CO2 immessa nell’atmosfera durante la sua fase di produzione e recupero, senza contare la fase di un suo smaltimento in caso non venga differenziata adeguatamente.

Quando compriamo detersivi o detergenti paghiamo anche per la pubblicità del prodotto, per le etichette, i cartoni nei quali sono raccolti i flaconi, per non parlare del loro trasporto (con il conseguente consumo di carburante e inquinamento) e i costi di smaltimento degli imballaggi.

Tutto questo ci fa capire l’elevato prezzo economico ed ambientale di un prodotto così comune come il detersivo.

Una soluzione migliore c’è: acquistare prodotti alla spina!

Nel nostro sito trovate una sezione dedicata interamente all’acquisto di detersivi e detergenti alla spina!

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Nella mappa e nell’apposita sezione troverete molti negozi dove potete recarvi con i vostri flaconi e chiedere ai negozianti il tipo di detersivo sfuso e la quantità desiderata.

Comprare prodotti sfusi non è solo una scelta di rispetto per l’ambiente, ma anche una scelta migliore per il vostro portafogli: pubblicità e imballaggi hanno, infatti, un costo piuttosto elevato, in particolare quello della plastica che è direttamente legato al prezzo del petrolio dal quale deriva.

10% DI SCONTO SU DETERSIVI E DETERGENTI ALLA SPINA?
Da Eco Bolle in Via Crispi 19, c’è la possibilità di usufruire del 10% di sconto: basta che vi facciate inserire nella loro lista “Trieste Senza Sprechi”.